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Qui sotto pubblichiamo l’edizione di maggio 2024 per mostrare un esempio dei temi che trattiamo.
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Ti è mai capitato di essere per strada con una gran sete e di non avere con te la borraccia? Con l’estate alle porte e le temperature (quasi) in rialzo, proviamo a rispondere a una domanda rompicapo: se proprio non si può fare a meno di una bibita dissetante, quale contenitore monouso è più sostenibile tra la bottiglia di plastica, quella di vetro, la lattina e il cartone per bevande, noto anche come tetrapàk?
Una risposta semplice e univoca non esiste. Molto dipende dal processo produttivo, dal contesto geografico, dall’utilizzo che viene fatto di questi contenitori e dove vengono buttati.
Per trovare una soluzione ci siamo basati su uno studio del 2020 del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Single-use plastic bottles and their alternatives). Il rapporto mette a confronto i cicli di vita dei quattro imballaggi monouso sopra citati. Il Life Cycle Assessment (LCA) è una metodologia analitica e standardizzata che valuta l’impronta ambientale di un prodotto dalle fasi di estrazione delle materie prime, alla sua produzione, distribuzione, utilizzo e dismissione finale.
Ecco alcuni punti fermi utili per orientarsi la prossima volta che ci si fermerà al bar.
Imballaggi sostenibili: i cartoni per bevande monouso
I cartoni per bevande, ricordiamolo, non sono fatti di sola carta, ma normalmente contengono uno strato di plastica e a volte anche di alluminio, motivo per cui non è così semplice riciclarli. Secondo lo studio sono preferibili rispetto alla bottiglia di plastica monouso se vengono usati come contenitori per il latte, i succhi e altre bibite simili. Quando invece contengono acqua, i vantaggi in termini di impatto del ciclo di vita si riducono e le bottiglie in PET (polietilene tereftalato) mostrano prestazioni ambientali simili.
Uno dei motivi è che i cartoni per bevande utilizzati per l’acqua naturale hanno uno strato di alluminio che le bottiglie in PET non hanno. Inoltre le bottigliette sono più leggere e il peso del contenitore incide sulle emissioni prodotte dal trasporto. Attenzione quindi a chi vende l’acqua nel tetrapàk facendola passare come più sostenibile… non è proprio così.
Gli esempi delle bottiglie di vetro monouso
Le bottiglie di vetro monouso hanno prestazioni ambientali peggiori rispetto alla bottiglia di plastica monouso nella maggior parte delle categorie di impatto. Le bottiglie di vetro (0,75 l) devono essere riutilizzate almeno tre volte per essere equivalenti dal punto di vista ambientale alle lattine in alluminio e alle bottiglie in PET (0,5 l).
Come ci ha spiegato Lucia Rigamonti, professoressa associata del dipartimento di ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano, il costo di produzione di una bottiglia di vetro è altissimo sia in termini di estrazione della materia prima sia di trasformazione della stessa, viste le alte temperature necessarie per la sua lavorazione.
Un altro elemento che impatta è il peso del contenitore e quindi il trasporto. Uno studio fatto dal suo dipartimento (Life cycle assessment of bottled mineral water for the hospitality industry in Northern Italy) mette a confronto l’uso, nel settore dell’ospitalità, delle bottiglie in PET monouso da 0,5 litri con quelle di vetro ricaricabili da un litro. Per essere “sostenibili” quelle di vetro devono essere riutilizzate almeno 25 volte e non devono percorrere più di 300 km. Ahimè, la bottiglia di birra ha quindi un bell’impatto sull’ambiente!
Lattina di alluminio monouso
Considerando l’impatto per litro di bevanda, rispetto a una lattina di alluminio da 0,33 litri, una bottiglia in PET da 0,5 litri ha un impatto climatico leggermente maggiore, mentre l’impatto climatico di una bottiglia in PET da 2 litri è molto inferiore. Quindi anche in questo caso, chi vende l’acqua in lattina come “più ecofriendly”, non sta dicendo tutta la verità. Perché i contenitori di alluminio si possano considerare migliori delle bottiglie di plastica monouso, devono essere utilizzati più di tre volte.
Come ci ha spiegato Danilo Gasca, esperto di scienza dei materiali e divulgatore scientifico, è vero che la plastica, a differenza del vetro e dell’alluminio, non può essere riciclata infinite volte (al massimo può subire due o tre cicli di riutilizzo). Ma la plastica riciclata può essere usata in una certa percentuale (fino al 60%) insieme ad altra plastica vergine per creare nuove bottiglie.
Suona strano, ma alla fine, se mai vi doveste trovare per strada senza la vostra borraccia e aveste l’esigenza di dissetarvi con una bibita diversa dall’acqua, l’ideale sarebbe acquistarla nella bottiglietta di plastica riciclata perché è questo il contenitore monouso con la più bassa impronta di carbonio a livello sia di produzione dell’oggetto che di estrazione della materia prima… a patto che questa stessa bottiglietta non venga buttata per strada o in un cestino dell’indifferenziata, ma conferita nell’apposito contenitore della raccolta differenziata.
A tutto questo discorso va però aggiunta una postilla, anzi due. La prima è che la scelta più sostenibile in assoluto è quella di ridurre l’utilizzo di imballaggi monouso e quindi la cosa migliore è sempre quella di bere l’acqua del sindaco. La seconda è che tra i criteri presi in considerazione dagli studi sul ciclo di vita del prodotto (LCA) al momento non è ancora stato inserito l’impatto che hanno le microplastiche a livello umano e ambientale. Quindi in futuro, forse, le valutazioni potrebbero cambiare.
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